Sanatoria, due anni dopo: oltre 100mila persone attendono ancora i documenti

Articolo di Ilaria Sesana pubblicato il 13 Maggio 2022 su altreconomia.it

La campagna “Ero straniero” denuncia le lunghe tempistiche nella valutazione delle domande di emersione oltre a un preoccupante numero di rigetti. E torna a chiedere l’introduzione di meccanismi di regolarizzazione efficaci per superare la logica del “decreto flussi”.

A quasi due anni dal varo della “sanatoria” per lavoratori stranieri irregolari impiegati in agricoltura e nel settore domestico, voluta dal governo Conte II a maggio 2020, più di 100mila persone sono ancora in attesa dei documenti. È quanto emerge dal nuovo monitoraggio condotto dalla campagna “Ero straniero” sulla base dei dati forniti dal ministero dell’Interno: a fine marzo 2022 sono infatti 105mila i permessi di soggiorno in via di rilascio da parte delle prefetture a fronte di oltre 207mila domande presentate dai datori di lavoro (pari a circa il 50% del totale), mentre le pratiche ancora da finalizzare sono decine di migliaia. Da evidenziare, inoltre, il numero piuttosto elevato di rigetti che sta emergendo man mano che si procede con l’esame delle domande.

Tempistiche inaccettabili, come denuncia da tempo “Ero straniero” e come ha evidenziato anche il Tar Lombardia in tre diverse sentenze emesse tra il luglio e il novembre 2021 in cui i giudici hanno affermato che l’obbligo di conclusione dei procedimenti amministrativi entro un determinato termine costituisce diretta applicazione della Costituzione. Di conseguenza, “non può sussistere un procedimento amministrativo privo dell’indicazione del termine della sua conclusione” che il Tar ha indicato in 30 giorni. Tempistiche ben lontane da quelle fotografate da “Ero straniero”, campagna promossa da diverse associazioni e Ong italiane (tra cui Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, Cild, Oxfam Italia, ActionAid, Legambiente, la Federazione chiese evangeliche e molte altre) che monitora fin dal suo inizio l’andamento della regolarizzazione e a marzo 2021 aveva pubblicato un primo report.

Come già emerso nel corso delle precedenti ricognizioni effettuate, l’analisi delle domande procede con diverse velocità nelle varie province. “Nelle tre prefetture che hanno ricevuto il maggior numero di domande permane un fortissimo ritardo nell’esaminare e portare a conclusione le pratiche di regolarizzazione”, si legge nel report pubblicato il 10 maggio. Le prefetture in oggetto sono quelle di Milano (dove i permessi di soggiorno in fase di rilascio sono poco meno di 5.500 a fronte di oltre 25mila domande presentate, pari al 21% del totale), Roma (3.202 permessi di soggiorno in fase di rilascio su 17mila domande, il 18%) e Napoli (2.677 permessi di soggiorno in fase di rilascio su oltre 19mila domande, il 14%). Quasi giunto al termine il lavoro nella prefettura di Latina (dove è stato analizzato l’82% delle domande) e l’analisi delle istanze procede con buoni ritmi anche a Bari (66%), Bologna (80%) e Reggio Calabria (77%).

A fine marzo 2022 le domande rigettate erano state 23.552, oltre un decimo di quelle presentate, con picchi particolarmente elevati a Caserta (32%) e a Foggia (30%). “Si tratta di un numero alto, in crescita man mano che aumenta il numero delle domande esaminate: a fine ottobre 2021 i rigetti infatti erano il 5,5% sul totale delle domande esaminate”, sottolinea con preoccupazione Fabrizio Coresi, esperto di immigrazione per ActionAid. Il Viminale non ha fornito alla campagna informazioni più dettagliate in merito ai motivi dei rigetti, invitando a sottoporre il quesito alle singole prefetture. “Dalle segnalazioni raccolte tra i lavoratori e le lavoratrici siamo però in grado di dire che una delle principali criticità ha riguardato uno dei requisiti per accedere alla regolarizzazione, ovvero l’idoneità alloggiativa -spiega Coresi-. Fin dall’inizio abbiamo denunciato quanto fosse paradossale chiedere a persone che vivono e lavorano irregolarmente sul nostro territorio e che quindi non hanno modo di registrare un contratto d’affitto, di produrre questa documentazione”.

I lunghi tempi di attesa hanno avuto gravi conseguenze sulla vita di decine di migliaia di persone che per mesi e mesi si sono trovati a vivere in un limbo: “La mancanza di documenti -sottolinea il report– finisce per significare precarietà, ricattabilità lavorativa, e marginalità sociale determinate dalla condizione si soggiorno precaria e aleatoria, che genera paure e spesso costringe all’invisibilità”. Una situazione particolarmente drammatica per le lavoratrici ucraine (circa 20mila quelle che a maggio 2020 avevano aderito alla sanatoria) che, in base a quanto previsto dall’iter burocratico non potevano lasciare il territorio nazionale, pena l’annullamento dell’istanza. Di conseguenza, allo scoppio della guerra, si sono ritrovate nell’impossibilità di recarsi nei Paesi confinanti con l’Ucraina per recuperare i propri familiari in fuga, tra cui i figli minorenni. Solo dietro pressione di “Ero straniero” il ministero dell’Interno ha introdotto all’interno del Dpcm del 28 marzo 2022 la possibilità per le persone di nazionalità ucraina la possibilità di lasciare il territorio nazionale e rientrarvi senza perdere la possibilità di aderire alla sanatoria. La campagna chiede però che questa possibilità venga estesa anche alle decine di migliaia di persone ancora in attesa di concludere la procedura di emersione: “Più passano i mesi, più aumentano i motivi che possono spinger e una persona in attesa dei documenti a tornare temporaneamente nei Paesi d’origine”, si legge nel report.

L’elevato numero di domande presentate per la regolarizzazione del 2020 (nonostante i requisiti stringenti e la limitazione a pochi settori produttivi) ha dimostrato quanto sia forte il desiderio di mettersi in regola da parte di chi è costretto a vivere senza documenti e lavorare in nero senza tutele nel nostro Paese non essendoci alcun modo -a eccezione delle sanatorie- per poter emergere e uscire dall’invisibilità. Un’ulteriore dimostrazione in tal senso arriva dall’elevato numero di domande (oltre 220mila) a fronte delle 69mila quote previste dal decreto flussi del 17 gennaio 2022.

“Torniamo a chiedere che venga ripresa la discussione del disegno di legge di iniziativa popolare sottoscritto da più di 90mila persone che da marzo 2020 è ferma in commissione Affari costituzionali che ha come obiettivo quello di adottare strumenti efficaci di governo dei fenomeni migratori, a partire da nuovi canali di ingresso per lavoro nel nostro Paese -spiega Coresi-. Occorre superare il meccanismo delle sanatorie e introdurre un meccanismo sempre accessibile che permetta a chi ne ha i requisiti di rientrare nell’economia legale”. Incoraggiante, in tal senso, è l’approvazione il 3 maggio scorso in Senato di un ordine del giorno che impegna il governo a valutare l’introduzione “di un meccanismo permanente di regolarizzazione su base individuale a fronte di un contratto di lavoro, al duplice fine di garantire la giusta tutela dei diritti fondamentali della persona e così favorire anche l’emersione dei rapporti di lavoro regolari”.

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