Lettera al ministro su regolarizzazione 2020

Lettera al ministro su regolarizzazione 2020

Gentile Ministro,

a quasi tre anni dall’approvazione della regolarizzazione straordinaria contenuta nel D.L. n. 34/2020, c.d. “Rilancio”, come convertito dalla legge 17 luglio 2020 n. 77, circa un quarto delle oltre 200.000 richieste è ancora in attesa di una risposta, come riportato dai dati della sua amministrazione resi pubblici dalla campagna Ero straniero e dalla stampa. Sono dunque decine di migliaia le pratiche di emersione inevase negli uffici delle prefetture e delle questure italiane e altrettanti sono i lavoratori e datori di lavoro che si trovano ancora in un fragile limbo giuridico, in attesa di potersi stabilizzare e uscire dalla precarietà lavorativa e sociale, come riportano i dossier periodici di monitoraggio pubblicati dalla stessa campagna nei mesi scorsi.

Tali pesanti ritardi nella definizione delle pratiche hanno dato vita a numerosi ricorsi in sede amministrativa e a una serie di sentenze intervenute nel merito anche delle procedure previste per l’emersione e del funzionamento degli uffici a esse preposti. Inoltre, il 5 ottobre 2022 è stata presentata una azione collettiva per l’efficienza della pubblica amministrazione di fronte al Tribunale Amministrativo per il Lazio (trattenuta in decisione lo scorso 31 gennaio) e a quello per la Lombardia, con fissazione di udienza per il prossimo 27 aprile.

Alla luce di quanto emerso in sede di contenzioso, la campagna Ero Straniero, insieme alle altre associazioni coinvolte nella citata azione collettiva, con la presente lettera pubblica propone di fare tesoro della giurisprudenza in merito e di adeguare a tali decisioni  l’attività delle amministrazioni interessate con una circolare volta a porre rimedio ai ritardi sopra descritti.

Si fa riferimento, in primo luogo, a quell’orientamento giurisprudenziale (in ultimo: sentenza n.  1811/2022 del TAR per il Veneto) secondo il quale sebbene il parere dell’ispettorato del lavoro nella procedura di emersione sia obbligatorio e quindi vada richiesto, questo non può mai considerarsi vincolante perché nessuna norma lo individua come tale. Ne consegue che se l’ITL si rifiuta o tarda a emetterlo, lo Sportello unico deve comunque concludere il procedimento nei termini di legge effettuando “una propria valutazione in ordine all’ammissibilità della documentazione, e alla fondatezza dell’istanza di emersione“. Il giudice amministrativo ha quindi riconosciuto l’applicazione anche nelle procedure di emersione del meccanismo del c.d. silenzio facoltativo in tema di pareri non obbligatori di cui all’art. 16 della Legge n. 241 del 1990, secondo il quale, trascorsi 20 giorni della richiesta del parere, l’amministrazione procedente deve procedere indipendentemente dall’espressione del parere.

Ancora, anche al fine di evitare ulteriore contenzioso, sarebbe opportuno adeguarsi, per tutti i casi di preavviso di rigetto per insufficienza dei redditi del datore di lavoro, o, più in generale, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro, a quell’orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto di dubbia legittimità costituzionale le disposizioni che fanno discendere conseguenze nefaste per il lavoratore per condotte ascrivibili al solo datore di lavoro. Si fa riferimento, in particolare, alla recente ordinanza n. 56/2023 Tar Umbria che ha ritenuto di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale considerando “rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 10, 35, 76, 97 e 113 Cost.,la questione di legittimità costituzionale, nei termini di cui in motivazione, dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”. Più nel dettaglio, nella parte motiva dell’ordinanza sopra richiamata il Collegio ha ritenuto di dubitare “della legittimità costituzionale dell’art. 103 del d.l. n. 34/2020 nella parte in cui il legislatore, a differenza di quanto era accaduto per la c.d. “emersione 2012”, non ha previsto che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale è, con riferimento al caso di specie, il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all’art. 9 del d.m. 27.05.2020) e per di più laddove il rapporto di lavoro abbia avuto un inizio di esecuzione (con tanto di pagamento delle retribuzioni per alcuni dei mesi pattuiti) ma si sia interrotto per l’inadempimento datoriale, al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa – anche sopravvenuta – che l’interessato riesca a comprovare.” 

Si segnala, infine, che anche per chi ha già sottoscritto il contratto di soggiorno a seguito della regolarizzazione continuano a registrarsi forti ritardi nell’effettivo rilascio del permesso di soggiorno. Dopo la sottoscrizione del contratto di soggiorno e l’invio del kit postale, si riscontra che l’appuntamento per i rilievi foto-dattiloscopici è fissato, di norma, anche dopo 6 mesi, nonostante la normativa disponga chiaramente un termine massimo di 60 giorni per il rilascio effettivo del permesso di soggiorno. Al ritardo per la sottoscrizione del contratto di soggiorno, si somma l’ulteriore ritardo per l’ottenimento effettivo del permesso di soggiorno, con gravi ed irreparabili danni per i diretti interessati che, a titolo esemplificativo, devono affrontare gravi difficoltà per ottenere la residenza anagrafica, il rilascio di una carta di identità o attivare uno SPID, necessario per poter accedere a servizi ed eventuali benefici sociali. Appare urgente che vengano sbrigati in tempi brevi

 gli appuntamenti fissati presso le locali questure dopo l’invio del kit postale da parte di chi ha sottoscritto il contratto di soggiorno. Indispensabile, in tal senso, procedere quanto prima all’espletamento della procedura avviata nei giorni scorsi per individuare una o più agenzie per il lavoro allo scopo di stipulare i contratti di somministrazione per i dipartimenti interessati dall’emersione, facendo in modo che vengano assunti gli oltre mille interinali già impiegati presso tali amministrazioni negli ultimi due anni e che, quindi, non necessitano di ulteriore formazione. Nonostante non sia presente nel bando un riferimento preciso alla clausola sociale, l’auspicio è che venga garantita la continuità lavorativa al personale interinale impiegato a partire dal marzo 2021, senza disperdere le competenze costruite in quasi due anni. 

Per le ragioni fin qui descritte e anche al fine di evitare l’instaurazione di ulteriori ricorsi individuali e del conseguente danno all’erario rispetto a eventuali risarcimenti, si chiede di adottare una circolare che semplifichi parte delle procedure tenendo conto di quanto sopra rappresentato e consenta agli uffici di portare a termine in tempi più rapidi la definizione delle pratiche pendenti.

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