A sei mesi dalla scadenza risposta in 2 casi su 100 Vite sospese dei migranti ostaggio della burocrazia
di Alessandra Ziniti
ROMA – Al ritmo di 16 al giorno, solo a Milano, ci vorranno trent’anni per portare a compimento le procedure per l’emersione dal nero dei 26.000 lavoratori stranieri che speravano nella sanatoria dell’estate scorsa per uscire finalmente dalla clandestinità. A Caserta, le 6.622 domande ricevute giacciono ancora tutte nei cassetti della prefettura. A Firenze, esempio virtuoso, sono già stati fatti firmare 100 contratti su 4.483, il 2,5 per cento.
È un’altra storia di diritti negati dalla burocrazia e dall’inadeguatezza del sistema Italia quella che vi raccontiamo. A quasi sei mesi dalla chiusura dei termini per le richieste di emersione del lavoro nero nei settori del lavoro domestico, dell’assistenza alla persona, dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca, la sanatoria è rimasta lettera morta: del- le 207.000 domande presentate, quelle esaminate sono appena il 2 per cento.
Il Covid, ma soprattutto la mancanza di personale dedicato, hanno fatto sì che la maggior parte delle prefetture italiane non abbiano neanche iniziato le convocazioni dei lavoratori stranieri, e chi lo fa procede a un ritmo di 3-4 appuntamenti al giorno. Lasciando gli oltre 200.000 lavoratori interessati nel limbo da cui speravano di poter uscire.
«Come promotori della campagna Ero Straniero – dice Giulia Capitani, policy advisor di Oxfam – abbiamo raccolto tantissime segnalazioni. Occorre salvare la procedura di emersione dal sostanziale fallimento cui sembra avviata se non ci sarà un intervento netto del governo, con conseguenze pesantissime sulla vita di decine di migliaia di lavoratori». Dal Viminale ammettono l’impasse: solo a gennaio è stato possibile assumere personale interina le.
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