Confronto alla Camera sul superamento della Bossi – Fini

Perché ci conviene: nuovi strumenti per la promozione del lavoro e dell’inclusione della popolazione straniera in Italia

A margine dell’esame della pdl d’iniziativa popolare “Ero straniero” alla Camera, si è tenuto stamattina un confronto organizzato dai promotori della campagna tra i parlamentari e i rappresentanti di Banca d’Italia, Confindustria, Cia-Agricoltori italiani, Istat, Inps e Fondazione Leone Moressa.

Aprire canali di ingresso per lavoro può diminuire gli accessi irregolari? Come favorire l’incrocio tra domanda e offerta? Quali strumenti utilizzare per promuovere il soggiorno regolare e l’integrazione della popolazione straniera in Italia?

Su queste domande, partendo dall’analisi delle dinamiche demografiche del nostro Paese e dei dati relativi alla presenza e al contributo dei lavoratori stranieri al nostro sistema economico, si sono confrontati i parlamentari impegnati nell’esame della pdl popolare con Banca d’Italia, Istat, Inps, Fondazione Moressa, Confindustria e Cia-Agricoltori, alla luce dei contributi in materia di immigrazione che tali organizzazioni e istituzioni hanno offerto in questi anni.

Sono due gli aspetti centrali della proposta legislativa di iniziativa popolare dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari” – sottoscritta da 90.000 cittadini italiani e depositata il 27 ottobre 2017 alla Camera e ora all’esame della Commissione affari costituzionali – su cui i promotori hanno chiesto ai relatori di confrontarsi: l’introduzione di canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, questi ultimi da selezionare anche attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali dall’Italia; la possibilità di regolarizzare gli stranieri radicati nel territorio ma senza un titolo di soggiorno, a fronte della disponibilità di un lavoro o di legami familiari, come già avviene in Spagna e Germania.

Nella prima sessione, moderata da Annalisa Camilli (Internazionale), Luigi Cannari, Vice Capo Dipartimento Economia e statistica di Banca d’Italia, ha messo in luce che nel 2060 ci saranno 8 milioni di lavoratori italiani in meno e che l’ingresso di 180.000 stranieri – giovani – ogni anno nei prossimi 10 anni, ad esempio, potrebbe contenere la pressione inevitabile creata da questo dato. “Se il saldo migratorio fosse pari a ‘0’ la popolazione in Italia invece calerebbe del doppio, ossia di 15 milioni”, ha spiegato Cannari. “Mancando la produttività del lavoro, il PIL calerà del 11% da qui al 2060. Per evitarlo, la produttività deve crescere dello 0,3% all’anno. Se il saldo migratorio fosse ‘0’, l’incremento della produttività dovrebbe essere di 3 volte superiore al dato precedente”, ha aggiunto. Un problema riguarda il livello di qualificazione dei lavoratori stranieri: “In Italia abbiamo un 13% di popolazione straniera laureata mentre in UE è il 30%”, questo significa che attiriamo una tipologia di immigrazione non in aree più alte del mercato del lavoro.

Su questo punto si è soffermato anche Claudio Ceccarelli, Istat: “Emerge come la quota di occupati con professioni non qualificate sia preponderante per gli stranieri e aumenta andando da Nord a Sud”. Inoltre, “il lavoro svolto dalla popolazione straniera copre una fetta di mercato del lavoro spesso non coperta dagli italiani e, fissate anzianità aziendale e qualifica contrattuale, la retribuzione oraria mediana è sempre maggiore per i lavoratori italiani rispetto ai colleghi stranieri (in media, di 2-3 euro)”.

Filippo Pagano, Inps, dopo aver tracciato un quadro sulla presenza straniero nel nostro sistema pensionistico, ha mostrato i tassi di sopravvivenza dei lavoratori emersi con le sanatorie dal 2002 al 2007: le aziende regolarizzanti hanno rappresentato nella maggior parte dei casi, un trampolino di lancio per i lavoratori emersi e a distanza di 5 anni, solo il 20% degli emersi è rimasto nella stessa impresa. Inoltre, l’80% dei lavoratori emersi era ancora regolarmente occupato come lavoratore dipendente nel mercato italiano a distanza di 5 anni dalla sanatoria.

Massimo Marchetti, Confindustria, ha auspicato che questa materia venga affrontata senza strumentalizzazioni politiche, in maniera coesa e non solo a livello nazionale: “Fare una politica degli ingressi limitata all’Italia è miope e dovremmo imporre la questione in Europa perché se impostiamo una politica nazionale degli ingressi, rischiamo di avere distorsioni sull’andamento dei flussi migratori”. “Un problema così complesso impone un approccio almeno a livello europeo, per evitare questa continua trattativa sugli sbarchi di volta in volta, nave per nave”, ha concluso.

Cinzia Pagni, CIA – Agricoltori italiani, ha auspicato che finalmente si arrivi a un sistema che incroci domanda e offerta di lavoro: “è un aspetto che si è cercato di riformare molte volte senza successo, legato inevitabilmente anche alla questione del caporalato, questione che investe nel mio settore anche imprenditori seri”. Con favore è vista dalla CIA anche l’introduzione del sistema dello sponsor: molti agricoltori, infatti, rimangono senza manodopera a causa della riduzione dei flussi degli ultimi anni. Quanto al problema degli invisibili senza documenti – i quali spesso si rivolgono alle imprese agricole – “servono regole chiare di emersione: sono persone che esistono al di là delle regole che ci diamo e delle economie che vogliamo costruire”, ha aggiunto.

Chiara Tronchin, ricercatrice della Fondazione Leone Moressa, ha chiuso la sessione ricordando che gli irregolari presenti in Italia al 1° gennaio 2018 sono 533.000: dato che i rimpatri si stimano intorno alle 6 mila unità all’anno, sarebbero necessari quasi 100 anni per riportarli nei Paesi d’origine. Ha quindi sottolineato come esista una correlazione fra permanenza irregolare e criminalità poiché gli immigrati irregolari — non avendo permesso di soggiorno o forme di protezione internazionale — non possono trovare lavoro regolare e la maggiore presenza di immigrati irregolari aumenta il lavoro sommerso. Al contrario, analizzando gli effetti della sanatoria del 2002, si vede che a cinque anni dalla regolarizzazione l’80% degli immigrati regolarizzati risulta ancora occupato come lavoratore dipendente. Ha poi concluso: “Di fronte alla mancanza di una programmazione dei flussi regolari per lavoro – sottolineata più volte nel corso della sessione – bisogna trovare strumenti di gestione dell’immigrazione che contrastino quella illegale e facilitino l’integrazione lavorativa e sociale degli immigrati”.

A seguire, moderata da Francesca Schianchi (La Stampa), si è svolta una tavola rotonda con i deputati dei diversi gruppi parlamentari coinvolti nell’esame della proposta popolare in prima Commissione alla Camera. Riccardo Magi, Più Europa, relatore della pdl e tra i promotori dell’iniziativa legislativa, ne ha esposto i punti principali invitando tutte le forze politiche ad assumere un approccio pragmatico e non ideologico e a lavorare insieme in Commissione confrontandosi nel merito dei contenuti. Una parziale apertura alla discussione della proposta è giunta dalla parlamentare del Movimento Cinque Stelle, Simona Suriano, la quale ha però invitato “ad essere pragmatici e concreti, guardando le cause delle migrazioni”, auspicando investimenti in cooperazione allo sviluppo: occorre lavorare strutturalmente su diversi piani guardando a lungo termine e questa proposta sembra volerlo fare. Il deputato della Lega Igor Giancarlo Iezzi si è detto contrario allo spirito della proposta perché ”non si possono regolarizzare tutti” e, così come hanno dichiarato la deputata di Forza Italia, Laura Ravetto ed Emanuele Prisco di Fratelli d’Italia, bisogna puntare “sul trovare maggiori risorse per i rimpatri”, ritenendo auspicabile “la strada dell’immigrazione selettiva”. Gennaro Migliore, Pd, ha espresso pieno sostegno alle proposte della pdl popolare, indicando la linea espressa nel testo della proposta come quella che il Partito democratico deve assumere sull’immigrazione, portandola in un discorso pubblico più ampio. “Mentre assistiamo a un dibattito che su questi temi banalizza, semplifica, argomenti di fronte ai quali molte forze politiche dimostrano di non avere una visione a lungo termine, questa proposta di legge che viene dalle organizzazioni della società civile è già di per sé una buona notizia”, ha detto la ex-presidente della Camera, Laura Boldrini.

Ero straniero – L’umanità che fa bene è promossa da: Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ACLI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto, CILD, insieme a Oxfam Italia, ActionAid Italia, Legambiente Onlus, ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, AOI, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche Italiane, con il sostegno di numerosi sindaci e organizzazioni impegnate sul fronte dell’immigrazione.

Roma, 11 luglio 2019

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